subbuteo amatore
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Allora, mi dicono che il rituale del club richieda una presentazione dei nuovi soci ed io, ben volentieri, non mi sottraggo alla consuetudine. Mi perdonerete se mi limito ad aspetti calcistici, per il resto avremo magari modo davanti ad un buon bicchiere. Anzi tutto, diciamo che sono, anche per ragioni d'età, un nostalgico del calcio che fu. Mi affascinano i racconti degli anni ruggenti di un sport allora più autentico e, per certi versi, romantico. Uno dei miei libri preferiti in tal senso è "Futbol" di quello straordinario scrittore che è stato l'argentino Osvaldo Soriano. Un affresco meraviglioso del calcio argentino di diversi decenni fa. Da ragazzo ero un appassionato di calcio internazionale con una predilezione, figlia del mondiale del '74, per le squadre olandesi, dalla nazionale alle più improbabili tipo il Roda Kerkrade o il VVV Venlo. Come naturale conseguenza mi sarei poi affezionato anche al Barcellona di Cruijff e Neeskens, simpatia che mantengo tuttora per squadra e città.
Non amo, per naturale conseguenza, il calcio moderno tutto business e TV anche se quando la palla rotola ammetto che l'emozione resta sempre forte. A tal proposito, come avrete intuito dal nickname, sono uno dei tanti tifosi del Cagliari nato calcisticamente in un'epoca irripetibile, prigioniero di una leggenda e come tale eternamente condannato all'insoddisfazione e ai paragoni storici improponibili. D'altronde, se la prima partita che da bambino ti fanno vedere è quella in cui la tua squadra del cuore in pectore vince 4-0 fuori casa (Torino, 26 aprile 1970) e si cuce sul petto uno scudetto, capite che è poi naturale per una mente fanciullesca, facilmente impressionabile, vagheggiare che quello sia il primo trofeo di un futuro radioso... A distanza di oltre cinquant'anni posso dire con certezza che le cose sono andate molto diversamente ma d'altra parte come giustamente sottolinea Nick Hornby in "Febbre al 90'" (bellissimo libro sull'essere tifoso di calcio che consiglio vivamente a chi non l'avesse letto e volesse consolarsi della propria condizione psicopatologica...) tifare per una squadra di calcio non è un divertimento ma una deliberata ricerca della sofferenza. Nessuna persona sana di mente pagherebbe infatti regolarmente, allo stadio o la pay-tv, per vedere spettacoli (...) che producono, salvo rari momenti, incazzature, depressioni e sostanziale condizionamento negativo delle proprie relazioni sociali.
Per quanto riguarda il subbuteo, che dire? Una passione giovanile, allora da quel che ricordo me la cavavo discretamente, riscoperta di recente, prima in modo molto saltuario, negli ultimi tempi, grazie anche a voi, con maggiore regolarità. Certo, come dice l'amico Ben, devo ripulire il mio gioco. I movimenti sono quelli del tempo in cui il tocco non proprio ortodosso era tollerato, non si lucidavano le basi e le regole te le facevi un po' su misura nel tuo giro di amici giocatori. Però piano piano conto di allinearmi, senza snaturare però lo stile di gioco sempre tendente a un subbuteo frizzante fatto di giocate al volo, girelli e via così (nulla di meglio, di un gol figlio di un girello con tiro immediato...). Ah una cosa per finire... pur consapevole dell'attuale disparità tecnica, mi è rimasta l'ancestrale tendenza ad odiare le sconfitte. Quindi vi invito a risparmiarvi gli atteggiamenti di ostentato fair play, quasi paternalistico, che ho colto nelle prime partite. Sappiate che ogni benevola concessione da parte vostra sarà, se possibile, regolarmente sfruttata per colpire, disattendendo sistematicamente il precetto biblico del porgi l'altra guancia...J Un abbraccio a tutti e grazie dell'accoglienza!
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